Progettare interventi didattici
La plusdotazione in classe
Metodologie
Buone prassi
La didattica
Le indicazioni ministeriali del 2012 e quelle del 2018 mettono in evidenza un importante obiettivo didattico: valorizzare le potenzialità di ciascuno. La normativa scolastica italiana abbonda di riferimenti che incoraggiano gli insegnanti e gli educatori a considerare nella progettazione didattica le inclinazioni, le potenzialità e gli interessi degli alunni. Si veda ad esempio: L n. 148/1990; L. n. 53/2003; DL n. 59/2004.
Come fare? Tenendo come contesto di riferimento quello italiano, con la nostra cultura e la nostra sensibilità, se ripercorriamo la storia troviamo fonti normative che prevedono l’arricchimento didattico, come per esempio: L. n. 440/1997 e DPR n. 275/1999.
Da alcune recenti ricerche (De Angelis, 2017 e Brazzolotto, 2018; 2019) emerge che gli insegnanti italiani si sentirebbero molto disorientati quando in classe c’è un alunno o alunna con plusdotazione, in quanto non saprebbero come adattare la didattica.
Gli alunni con plusdotazione manifestano dei bisogni educativi specifici (come sancito dalla nota ministeriale 562 del 3/04/2019), bisogni che in alcuni casi (NON sempre) potrebbero causare un insuccesso scolastico. Tra i tratti più comuni dei gifted children ricordiamo: curiosità, sensibilità, pensiero divergente, perfezionismo, creatività (Zanetti, 2017; Mormando, 2011), intensità. Neihart e Betts (2010) hanno individuato 6 profili di alunni con plusdotazione: sono pertanto un gruppo molto eterogeneo.
Quando presente un alunno/a con plusdotazione in classe, consiglio, innanzitutto di privilegiare un approccio pedagogico, incanalando tutte le energie rispondendo alla domanda: “cosa posso fare per includere questo/a alunno/a?”; cercando di mettere in secondo piano la “sfida” di voler etichettare nel modo corretto l’alunno (vedi Brazzolotto, 2018), rispondendo alla domanda: “ma che cos’è? Autismo? DOP? ADHD? Gifted?”. I bisogni che l’alunno manifesta in classe dovrebbero essere l’asse portante della progettazione e non l’etichetta. L’alunno/a NON coincide con la sua diagnosi/ valutazione.
La doppia eccezionalità indica la comorbidità di plusdotazione e un disturbo di apprendimento. Nella letteratura scientifica essa viene chiamata twice-exceptional (2E).
Per un approfondimento allego una presentazione che avevo preparato in occasione del Convegno AID (Associazione Italiana Dislessia) ad Amandola (25/08/2017) e replicata a Sassari (5/10/2017).
Dabrowski (1977) chiama “ipersensibilità emotiva” quella “capacità” di percepire, attraverso i cinque sensi, in modo amplificato.
I bambini e ragazzi con plusdotazione possiedono una ipersensibilità che talvolta (NON sempre) si ripercuote in modo negativo nella gestione delle emozioni. Sappiamo tutti che più grande è il carico più è difficile gestirlo.
Insegnanti e genitori dovrebbero essere consapevoli di questa caratteristica in quanto la percezione amplificata porta in alcuni casi ad altrettante reazioni amplificate.
L’ipersensibilità unita alla consapevolezza potrebbe causare episodi di rabbia e frustrazione. La strategia che suggerisco è quella “metacognitiva” ossia aiutare l’alunno a scuola a capire cosa provoca alcune reazioni esagerate e come si possono gestire.
Crediamo però che nei casi più “difficili” sia necessario intraprendere un percorso di psicoterapia, con personale qualificato e competente anche nel settore della plusdotazione.
Le riflessioni metacognitive sarebbe meglio condurle dopo il momento di crisi, o con un rapporto uno a uno o, magari in un secondo momento, coinvolgendo anche i pari.
DOPO QUESTA FONDAMENTALE PREMESSA, CONSIGLIO DI DIFFERENZIARE E ARRICCHIRE LA DIDATTICA, QUESTO SIGNIFICA:
offrire varie modalità per apprendere anche contemporaneamente
permettere agli alunni di scegliere (dopo aver condiviso regole e disciplina)
fare collegamenti interdisciplinari (coinvolgere i colleghi)
ridurre i momenti di didattica frontale (senza eliminarli del tutto)
promuovere i lavori di gruppo
lasciare tempo per lo studio e l’approfondimento autonomo
promuovere compiti autentici (o altrimenti detti compiti di realtà)
rimanere coerenti e fedeli a ciò che si “promette” in classe
cercare di evitare i pregiudizi su “categorie” di alunni
nel caso in cui sia evidente una doppia eccezionalità creare un PDP
quando si vuole intraprendere un percorso di valorizzazione dei talenti predisporre un PDST (Brazzolotto, 2019)
concordare e/o condividere obiettivi di apprendimento e modalità di valutazione (la rubrica è uno strumento utile)
ascoltare le esperienze e le osservazioni dei genitori e credere alla loro narrazione (talvolta gli alunni con plusdotazione potrebbero possedere due profili anche “opposti” a casa e a scuola)
Progettare interventi didattici
La plusdotazione in classe
Metodologie
Buone prassi
La didattica
Le indicazioni ministeriali del 2012 e quelle del 2018 mettono in evidenza un importante obiettivo didattico: valorizzare le potenzialità di ciascuno. La normativa scolastica italiana abbonda di riferimenti che incoraggiano gli insegnanti e gli educatori a considerare nella progettazione didattica le inclinazioni, le potenzialità e gli interessi degli alunni. Si veda ad esempio: L n. 148/1990; L. n. 53/2003; DL n. 59/2004.
Come fare? Tenendo come contesto di riferimento quello italiano, con la nostra cultura e la nostra sensibilità, se ripercorriamo la storia troviamo fonti normative che prevedono l’arricchimento didattico, come per esempio: L. n. 440/1997 e DPR n. 275/1999.
Da alcune recenti ricerche (De Angelis, 2017 e Brazzolotto, 2018; 2019) emerge che gli insegnanti italiani si sentirebbero molto disorientati quando in classe c’è un alunno o alunna con plusdotazione, in quanto non saprebbero come adattare la didattica.
Gli alunni con plusdotazione manifestano dei bisogni educativi specifici (Brazzolotto, 2019) che in alcuni casi (NON sempre) potrebbero causare un insuccesso scolastico. Tra i più comuni ricordiamo: curiosità, sensibilità, pensiero divergente, perfezionismo, creatività (Zanetti, 2017; Mormando, 2011). Neihart e Betts (2010) hanno individuato 6 profili di alunni con plusdotazione: sono pertanto un gruppo molto eterogeneo.
La doppia eccezionalità indica la comorbidità di plusdotazione e un disturbo di apprendimento.
Nella letteratura scientifica essa viene chiamata twice-exceptional (2E).
Per un approfondimento allego una presentazione che avevo preparato in occasione del Convegno AID (Associazione Italiana Dislessia) ad Amandola (25/08/2017) e replicata a Sassari (5/10/2017).
Dabrowski (1977) chiama “ipersensibilità emotiva” quella “capacità” di percepire, attraverso i cinque sensi, in modo amplificato.
I bambini e ragazzi con plusdotazione possiedono una ipersensibilità che talvolta (NON sempre) si ripercuote in modo negativo nella gestione delle emozioni. Sappiamo tutti che più grande è il carico più è difficile gestirlo.
Insegnanti e genitori dovrebbero essere consapevoli di questa caratteristica in quanto la percezione amplificata porta in alcuni casi ad altrettante reazioni amplificate.
L’ipersensibilità unita alla consapevolezza potrebbe causare episodi di rabbia e frustrazione. La strategia che suggerisco è quella “metacognitiva” ossia aiutare l’alunno a scuola a capire cosa provoca alcune reazioni esagerate e come si possono gestire.
Crediamo però che nei casi più “difficili” sia necessario intraprendere un percorso di psicoterapia, con personale qualificato e competente anche nel settore della plusdotazione.
Le riflessioni metacognitive sarebbe meglio condurle dopo il momento di crisi, o con un rapporto uno a uno o, magari in un secondo momento, coinvolgendo anche i pari.
I bambini e ragazzi con plusdotazione sembrano vivere un disagio a scuola, con conseguente insuccesso scolastico e/o insoddisfazione, in quanto in alcune scuole essi non sono (ri)conosciuti e non viene adattato il programma scolastico
Quando presente un alunno/a con plusdotazione in classe, consiglio, innanzitutto di privilegiare un approccio pedagogico, incanalando tutte le energie rispondendo alla domanda: “cosa posso fare per includere questo/a alunno/a”; cercando di mettere in secondo piano la “sfida” di voler etichettare nel modo corretto l’alunno (vedi Brazzolotto, 2018), rispondendo alla domanda: “ma che cos’è? Autismo? DOP? ADHD? Gifted? I bisogni che l’alunno manifesta in classe dovrebbero essere l’asse portante della progettazione, essi costituiscono la bussola per orientare la didattica e non l’etichetta. L’alunno/a NON coincide con la sua diagnosi/ valutazione.
DOPO QUESTA FONDAMENTALE PREMESSA, CONSIGLIO DI DIFFERENZIARE E ARRICCHIRE LA DIDATTICA, QUESTO SIGNIFICA:
Propongo vari servizi di didattica in presenza e a distanza
tutoraggi personalizzati
attività di potenziamento
virtual camp
realizzazione PDP
formazione docenti